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Tutto a proposito dei Pellet da pesca: esche o pasture agglomerate

Pellet: ecco una parola che molti pescatori dicono (o scrivono sui social network) mentre tanti altri ne ignorano il significato. Pellet, letteralmente significa granuli agglomerati. Anche se però questo termine è stato introdotto anche nel “parlato italiano” per via dei pellet per riscaldamento tramite stufe apposite, noi ti diremo tanto (forse non proprio tutto) su quei pellet che si usano nella pesca sportiva. I pellet da pesca infatti sono granuli agglomerati proteinici che vengono usati come pastura e/o come esca.

Tutto a proposito dei Pellet da pesca: esche o pasture agglomerate

L’impiego dei pellet nella pesca è molto diffuso nella pesca a feeder, a carpfishing e persino a bolognese (anche in mare). Per questo motivo l’argomento “esche agglomerate” suscita interesse. Oggi molti carpisti li preferiscono alle granaglie per pasturare e, in particolari condizioni, anche da innescare sull’hair-rig.

In confronto alle granaglie, infatti, i pellet hanno una possibilità di impiego pressoché immediata, perché non richiedono una fase di preparazione preventiva, necessaria invece con le granaglie di ogni genere: che si tratti di mais, canapa, bacche d’acero o altri tipi di granaglie, è necessario ammollarle in acqua per più giorni e poi cuocerle in un pentolone. Queste fasi comportano “gravi rischi” per la nostra incolumità, soprattutto se lo si fa nella cucina di casa e, magari, in un condominio pieno di vicini non proprio accondiscendenti. L’odore forte e a volte nauseabondo può attirare qualche lamentela, tar l’altro comprensibile. Insomma, la facilità di utilizzo è la prima arma a favore di questi “sfarinati pressati” e uno dei motivi che spingono noi carpisti a farne sempre più uso. Per utilizzarli al meglio, però, bisogna conoscerne bene le caratteristiche e la composizione.

Di cosa sono fatti i pellet da pesca?

Per realizzare i pellet si usano materie prime economiche; l’amalgama usata per realizzarle è composta da farine e olii di pesce, in percentuali superiori al 50%, a volte addirittura all’80. L’impiego di questi componenti è essenziale per ottenere un prodotto di elevata qualità, tanto che non vengono usati sottoprodotti o scarti ma bensì derivati di pesce fresco, scelto tra le specie poco usate in cucina e che, quindi, hanno scarso valore economico sui mercati dedicati all’alimentazione umana.

Tuttavia siamo sicuri che questo giovi all’ecosistema? Un tema che diventerà sempre più importante in futuro, a causa dell’incremento di allevamenti ittici (soprattutto di specie marine). Questo però è un altro uso dei pellet che non descriveremo qui.

Insieme alla farina di pesce e agli olii vengono utilizzate materie prime di origine vegetale, in parole povere gli sfarinati derivanti dalla soia. Come leganti, invece, si usano gli amidi derivanti in prevalenza dal frumento, abbinati a carboidrati e fibre grezze. Una piccola parte del composto è formato da amminoacidi.

Diversamente da quanto sarebbe lecito ipotizzare, pare che ormai da numerosi anni i pellet per alimentazione alieutica non vengano più realizzati con le farine proteiche di origine animale (non ittica), cioè le farine di carne. Questa scelta è una conseguenza della rigida regolamentazione sui mangimi per animali studiata in seguito all’allarme sanitario Bse che tanto scandalo ha fatto qualche anno addietro. Questo non ci deve preoccupare, sono tante le case produttrici di esche che lavorano con serietà e propongono pellet di elevata qualità e dal forte potere di richiamo per i pesci (spesso pensati per le carpe), con aggiunte di stimolanti chimici molto potenti quali la betaina, l’Nhdc (un dolcificante), la melassa o il liquore di grano (corn steep liquor).

Pellet a base di pesce: produzione e distribuzione in Italia

I pellet da pesca sono realizzati con farine di vario genere, cereali e farine di pesce in primis, con una piccola quantità di olii, quasi nella totalità dei casi di pesce anch’essi, ma non contengono, a differenza delle boilie, nessun tipo di legante aggiunto. Sono i glutini delle farine stesse, cotte al vapore, a compattare il cilindretto di farine e olii.

Per la realizzare pellet, infatti, si utilizzano delle semplici macchine dette appunto pellettatrici: l’amalgama viene introdotta in un macchinario che la trasforma in “spaghetti” di pasta (tecnicamente la estrude), poi gli spaghetti vengono sezionati in cilindretti, in base alle dimensioni che si desidera ottenere.

In seguito i cilindri vengono cotti e disidratati in macchinari appositi. Questo processo permette di mantenere assolutamente inalterate le caratteristiche organolettiche e nutrizionali di tutti gli ingredienti che compongono questa straordinaria esca.

Il prodotto finito così ottenuto avrà un peso specifico piuttosto basso, dovuto alla quasi totale assenza di umidità, un altissimo potere attrattivo ma un apporto nutrizionale praticamente nullo.

Ma come? Non ci sono farine e olii di pesce, altamente proteci e nutritivi? La domanda è più che sensata… proviamo a spiegarci meglio.

I pellet, una volta lanciati in acqua, si sciolgono. Non rimangono interi come le boilie da carpfishing che forse conoscerai, che hanno come legante l’uovo; quando però cominciano a “bere” acqua (reidratazione), tendono a sfaldarsi e a tornare di nuovo l’amalgama di farine che erano in partenza.

Questa è la loro caratteristica più innovativa: i pellet si sciolgono !

I tempi di scioglimento differiscono in base alla composizione e alla grandezza dei cilindri ma, al massimo in sei ore, ogni tipo di pellet si scioglie. Ed è così che, quando la carpa arriva sullo spot preventivamente pasturato, non troverà altro che un fortissimo richiamo olfattivo e una grande quantità di particelle di farina disseminate sul fondale, cioè il residuo dei pellet oramai disciolti: olii, farine e attrattori creano una nube odorosa che rende il pesce frenetico e lo induce a cercare la fonte di cibo che produce il richiamo. Non trovando nient’altro che le boilie di pastura e l’innesco che abbiamo lanciato insieme ai pellet, si lanceranno su quelle con minore diffidenza e più voracità.

C’è da considerare anche che l’acqua calda accelera la reidratazione e, quindi, il disfacimento del pellet. Quando ammolliamo un pellet in un dip si forma una patina superficiale che rallenta i tempi di scioglimento dell’esca. Un discorso a parte, invece, va fatto sul rapporto composizione dell’esca-scioglimento: tutti i pellet dalla granulometria grossolana e con poca farina di pesce (per esempio i pellet al Csl, con Hemp o al mais), hanno un processo di disfacimento piuttosto veloce, perché l’acqua permea con più facilità il pellet. Al contrario, quelli ricchi di farine e olii di pesce hanno una granulometria molto sottile e il cilindro risulterà molto compatto e resistente all’acqua. Questo tipo di esche si scioglie in 25-30 minuti nelle versioni da 3-6 millimetri e in 4-6 ore nelle versioni da 14-21 millimetri.

I pellet, quindi, non sono una vera e propria fonte di cibo per chi ama il carpfishing, solo quelli di grandi dimensioni resistono abbastanza a lungo da poter essere trovati e mangiati prima di sciogliersi. Infatti, sono solo quelli grandi e costruiti con farine poco permeabili a essere utilizzati anche per l’innesco.

Tuttavia, sarà nostra cura pasturare con pellet a scioglimento più o meno rapido, evitando così fenomeni di sovra-pasturazione, cioè senza rischiare di sfamare i pesci, cosa probabile se si utilizzano grandi quantità di granaglie oppure di boilie.

Quali gusti/aromi di pellet si possono comprare per andare a pescare?

I pellet si vendono in diversi aromi, forme e dimensioni, ne producono anche di forma sferica, come le boilie, le cosidette “ball pellet”. Si possono utilizzare in grandissime quantità, l’unico handicap è rappresentato dal costo, e in qualsiasi situazione: i pellet funzionano soprattutto da richiamo e non sostituiscono, se non in minimi termini, una ricca fonte alimentare. L’unico problema, soprattutto quando l’acqua è calda, è rappresentato proprio dal grande potere attrattivo e dal forte richiamo alimentare che i pellet hanno verso tutti i pesci che scorrazzano nella zona pasturata.

Le informazioni che ti stiamo dando però non finiscono qui. Devi sapere che c’è il rischio che orde di piccoli pesci di qualsiasi genere si interessino alle nostre esche.

La minutaglia può disturbare la nostra azione di pesca, spolverando tutta la nostra base di pastura e costringendoci a rinfrescare di pellet l’area, con la conseguenza di insospettire le carpe più grosse e spendere una barca di soldi.

In questi casi è meglio utilizzare una quantità di pellet molto limitata e concentrata attorno all’innesco, aiutandoci con i sacchetti idrosolubili o con il method-mix.

Quando fa freddo, invece, e la temperatura dell’acqua è piuttosto bassa, i piccoli pesci sono praticamente fermi e non ci disturbano. Allora sì che possiamo avere la mano pesante: grandi quantità di pellet e qualche manciata di boilie e granaglie attorno all’innesco.

 

E tu hai già pescato con i pellet?

Con quale tecnica li usi?

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