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Surfcasting per diletto o per agonismo?

In Italia il popolo del surfcasting non è ancora numericamente ben definito, almeno per quanto ci è dato sapere. Il vecchio censimento sulla pratica della pesca in acque marittime (non proprio una licenza) non ha chiarito realmente come sia articolata la massa di pescasportivi che abitualmente o stagionalmente si riversano sui lidi sparsi lungo l’intera penisola alla ricerca di mormore e affini. Perché diciamo questo? Per fare un articolo per portare delle informazioni sulla pesca a lancio sull’onda e capire (anche con l’aiuto di chi segue il grande Blog di PESC.IT – Negozio di Pesca) quanto sia rilevante il movimento dell’agonismo surfcasting.

Surfcasting per diletto o per agonismo?

Parlare di agonismo e mondo delle gare vuol dire far riferimento al tesseramento federale, obbligatorio per chiunque voglia svolgere l’attività agonistica. In Italia dovrebbero esservi circa 4000 atleti che ogni anno prendono parte alle varie selettive provinciali. Una forte minoranza se paragonata al totale dei pescatori da spiaggia, ma in grado di influenzare sensibilmente tutti gli altri. Anche sotto un aspetto tecnico.

Giorni e orari di pesca prefissati (contro la logica della pesca a surfcasting)

Partiamo dall’idea che praticare il surfcasting per diletto e praticarlo per agonismo sono due cose nettamente distinte, sia per l’aspetto per così dire “logistico” sia per ciò che riguarda gli aspetti pratici dell’azione di pesca. Un primo elemento discriminante lo ritroviamo nella scelta del luogo e dell’orario. Chi organizza la battuta di pesca fra amici deve tener conto di un unico fattore, ossia il tempo libero a disposizione, mentre per ciò che riguarda luogo, data e ora, la scelta è condizionata unicamente dalle mire preposte. Dunque è il pescasportivo stesso, basandosi su una serie di informazioni metabolizzate soprattutto grazie alla propria esperienza, a decidere quando, dove, e preferibilmente “cosa” pescare.

Il garista è invece costretto a rispettare date, orari, e luoghi “imposti” dagli organizzatori dell’evento agonistico, scelte effettuate settimane, o a volte mesi prima del suo effettivo svolgimento, in barba a qualsiasi previsione meteo. Sappiamo bene che la pratica del surfcasting più canonico è invece legata a condizioni di mare mosso o in scaduta, situazioni che il surfcaster per diletto è in grado di cogliere e di sfruttare a proprio vantaggio organizzando la battuta in tempo utile.

Il garista è invece spesso costretto a fare i conti con un mare desolatamente piatto, il classico mare “forza olio”, come si suol dire, e da questo deve per forza di cose tirar fuori le prede utili a raggranellare quei punti che gli permettono un buon piazzamento finale. E’ proprio per questo motivo che il surfcasting agonistico si è man mano differenziato da quello praticato per diletto, aprendo la strada ad un surf praticato con attrezzi più leggeri e sensibili, in grado di affrontare il mare anche in condizioni diverse da quelle canoniche di turbolenza. Fra i fattori “logistici” il luogo di pesca è un’altro importante elemento differenziante.

Mentre l’appassionato sceglie la spiaggia ed allestisce la postazione nel punto di questa che preferisce, l’agonista non può fare né l’una né l’altra cosa. Quest’ultimo si ritrova spesso su arenili a lui poco noti, e a peggiorare la situazione interviene il sorteggio, che assegna ad ogni concorrente la propria postazione sull’arenile. Non di rado, infatti, capita che la postazione venga assegnata innanzi ad una secca piuttosto che ad un canalone, o peggio ancora in prossimità di un tratto sterile dell’arenile. E’ in queste situazioni che l’agonista deve tirar fuori tutta la grinta, l’eclettismo  e la determinazione di cui è capace, gestendo il tutto con la propria esperienza e con quel “senso dell’acqua” del quale non tutti sono dotati.

Pescare in gara e, poi, fare surfcasting vero…

L’agonista ha un unico imperativo: pescare veloce. Deve cercare di prendere più pesci è possibile nell’arco delle 4 o 5 ore di gara. Date le esigenze, le mire non saranno rivolte all’orata di taglia o alla spigola da sogno, pesci meno probabili da catturare, quanto piuttosto a tutto ciò che capita a tiro di canna d’avanti alla propria postazione, sempreché raggiunga la misura minima prevista dal regolamento vigente. Di volta in volta saranno quindi mormorotte, oratelle e grufolatori vari, triglie, labridi, piccoli pelagici e chi più ne ha più ne metta.

E’ ovvio che il pesce di taglia, sebbene non ricercato in maniera specifica, può sempre capitare per la gioia del concorrente di turno, ma questo è un evento poco frequente. Il garista, dovendo potenzialmente affrontare una gran quantità di situazioni diverse, deve essere fornito di un’attrezzatura ed una terminalistica varia e curata nei minimi dettagli.

Dal canto suo il pescasportivo per diletto ha la libertà di svolgere la propria azione alla ricerca delle prede ritenute di maggior interesse sportivo e culinario, potendosi permettere di non badare alla quantità quanto alla qualità del pescato.

Il suo fabbisogno di attrezzature e terminalistica è molto minore rispetto a quello di un agonista, per il semplice fatto che è lui stesso a determinare come e cosa pescare, potendo tranquillamente selezionare i materiali più idonei da portare con sé in spiaggia, senza sovraccarichi dettati dall’incertezza propria delle competizioni agonistiche.

Saresti d’accordo se dicessimo che il surfcasting agonistico ha permesso alla tecnica stessa, e alle attrezzature, di evolversi?

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