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Perché un pesce predatore abbocca?

Un pescatore deve sempre cercare di pescare, cioè di prendere del pesce, farlo abboccare. Questo è un fatto. Devi sapere allora che i pesci, grandi o piccoli che siano, vanno quasi sempre in cerca di predare; vanno in cerca di qualcosa da cacciare. E tanto più saranno grandi e tanto più saranno predatori!

Perché un pesce predatore abbocca?

Per riuscire a entrare in questa logica, una buona regola è quella di fare appello alla scienza dell’etologia. Per etologia si intende quella scienza che studia il comportamento animale. In questo immane elenco di studi, quello della vita marina rimane ancora inesplorato per larga parte.

Sui pesci si sa ancora troppo poco, tanto che siamo spesso noi pescatori ad anticipare le teorie scientifiche e a scoprire le abitudini e i comportamenti dei propri avversari.

Le ore passate in barca, sulle sponde dei fiumi, sui moli o sulle prismate, accrescono la conoscenza dell’appassionato e suppliscono alla mancanza dell’etologia.

 

Motivi di aggressione sulle esche

Tuttavia, dagli studi finora svolti, si è potuto dedurre che i motivi principali che spingono un pesce predatore all’aggressione, sono quattro:

la predazione, derivante dall’istinto di sopravvivenza, che spinge tutti i predatori a cacciare e nutrirsi di altri esseri viventi;

la territorialità, cioè la naturale tendenza a difendere il proprio territorio, attaccando gli animali che vi si avvicinano. Questo spiega il motivo per cui alcuni pesci, anche non predatori, rimangono allamati ad artificiali trainati nei loro pressi;

l’aggressività, caratteristica fondamentale dei predatori, soprattutto se di branco, spinge anche i piccoli pesci, quali l’occhiata, ad aggredire esche di grosse dimensioni;

la curiosità che, nel caso specifico dei pesci, può essere soddisfatta solamente tramite il morso, essendo animali sprovvisti di arti prensili. L’utilizzo dell’apparato boccale non deve stupire, poiché anche gli umani, nella prima infanzia, utilizzano la bocca come primo organo tattile. Tanto l’uomo, quanto il pesce, imparerà dall’esperienza a evitare tali pratiche; inoltre non tutta la fauna ittica possiede una vista o un’intelligenza tale da permettere l’individuazione delle insidie (ami, girelle, terminali e quant’altro).

Alcune aggressioni avvengono in seguito alla stimolazione degli acutissimi organi sensori dei pesci, tramite i quali percepiscono il mondo esterno.

Nonostante la particolare sensibilità di tali organi, accade spesso che un’esca passi inosservata; esistono molte teorie in proposito, ma sono esigue quelle supportate da una spiegazione di valore scientifico (maree, correnti, cambiamenti dello stato del tempo, temperatura e pressione).

Dal fitto dedalo di teorie più o meno popolari, il consiglio migliore è quello di cambiare le esche e la loro distanza dalla barca, profondità e velocità di traina, ogni tre ore di attività infruttuosa.

 

Gli organi sensori dei pesci

Gli organi sensori più importanti sono gli occhi, la linea laterale, le fossette olfattorie e  l’orecchio interno. Alcuni sono comuni alla maggior parte degli animali, altri sono caratteristici. L’utilizzo più o meno accentuato di ciascun senso dipende in larga parte dalla composizione dell’habitat di ciascun pesce. Per esempio, l’acqua limpida permette un miglior sfruttamento del senso della vista e viceversa.

 

La vista del pesce predatore

Gli occhi dei pesci sono totalmente sprovvisti dell’iride, paragonabile per funzionamento al diaframma di una macchina fotografica. L’assenza di questo elemento non consente nessun adattamento visivo alla luce: il risultato è un’estrema sensibilità ai raggi luminosi, che causa una migliore visione del mondo circostante in condizioni di luce tenue come l’alba e il tramonto, e di una visione piuttosto sfocata in condizioni di luce forte. La posizione laterale degli occhi, implica un campo binoculare limitato, al contrario di quello monoculare che invece è molto vasto. Il cono visivo orizzontale è di circa 300 gradi totali, 150 per ogni occhio, ed il campo visivo verticale risulta circolare e molto ampio, di circa 96 gradi.

Quando un pesce si trova di fronte a un oggetto, fino a una certa distanza, può guardarlo con entrambi gli occhi (visione binoculare) ma avvicinandosi, deve necessariamente girarsi per osservarlo con un occhio solo (visione monoculare). Siccome ciascun occhio è gestito dal corrispondente emisfero cerebrale, le due viste vengono elaborate nello stesso istante ma separatamente; la visione monoculare risulta perciò meno nitida di quella binoculare, anche se più ampia. Si è scoperto, inoltre, che i pesci hanno una struttura oculare ipermetrope, che consente una visione più accurata di ciò che è situato lontano, e vedono gli oggetti più piccoli rispetto alle dimensioni reali, ecco la spiegato il motivo per il quale questi animali, allo stato giovanile, attaccano esche di dimensioni generose.

I coni visivi sono rivolti verso la superficie; accade così che il predatore presta particolare attenzione a ciò che si muove al di sopra della propria testa. Il fenomeno della mangianza è dovuto a questa caratteristica morfologica: i pesci in caccia portano l’attacco dal basso verso l’alto, provocando la fuga delle prede nella stessa direzione.

Ad oggi le ricerche non sono state in grado di definire con esattezza il livello di dettagli percepito da questa tipologia di sistema visivo. Non è chiaro, quindi, come i pesci vedano gli  oggetti e i colori: di certo si sa che l’acutezza visiva massima è limitata a una decina di metri. Il nuoto precario di un pesce ferito o in difficoltà viene immediatamente recepito; da ciò si conclude che le specie ittiche sono in grado di valutare gli elementi che disturbano  il naturale equilibrio dell’ambiente in cui vivono.

 

La linea laterale

L’organo di senso più importante, e allo stesso tempo coperto da un velo di mistero, per un pesce predatore è la linea laterale. Questo è un complesso sistema di canali longitudinali ricchi di muco, posti a fior di pelle e comunicanti con l’esterno tramite piccoli dotti che attraversano le squame e capaci di aprirsi e chiudersi nell’acqua. Sulle pareti di tali canali, sono presenti dei bottoni sensitivi, collegati a terminazioni nervose dirette verso i labirinti dell’orecchio interno, organo atto alla recezione delle vibrazioni, della temperatura, dell’intensità delle correnti e delle inversioni dei campi magnetici. Si comprende, dunque, come i repentini cambiamenti dell’habitat possano inibire o scatenare gli istinti predatori.

I pesci non percepiscono i rumori al di fuori dall’ambiente acquatico, quanto piuttosto avvertono ogni minima vibrazione trasmessa in acqua.

 

L’olfatto nel pesce

Il senso dell’olfatto è molto sviluppato, specie negli squaliformi. L’organo preposto a questa funzione è situato nelle narici e non è quasi mai collegato alle cavità boccali: pare che i pesci siano dotati di una memoria olfattiva che li spinge a recarsi più o meno regolarmente negli stessi luoghi nei quali precedentemente hanno trovato del cibo.

 

Il gusto… che porta ad abboccare

La cavità orale è cosparsa di papille gustative: in bocca, nella faringe e nell’esofago, sul muso e ai lati del capo. Tramite questi organi il pesce può percepire il gusto senza dover, necessariamente, inghiottire il cibo. Probabilmente questa è stata una prima difesa sviluppata con l’evoluzione, per prevenire intossicazioni alimentari; di solito, infatti, il cibo non tollerato dal corpo è recepito come disgustoso.

 

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