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La spigola e la sua pesca a surfcasting e a fondo

La spigola, ecco un pesce che più di tutti vorrebbe pescare ogni persona quando si avvicina al surfcasting. In questo articolo abbiamo voluto darti tutte le informazioni utili su questo pesce, conosciuto anche con il nome di branzino, ragno, spiga e con tanti altri nomi dialettali ma che, dal punto di vista della specie, ha come nome scientifico Dicentrarchus labrax.

Nelle righe che seguono hai forse uno degli articoli più completi di sempre per sapere cosa mangiano le spigole, come pescarle, in quale stagione abboccano meglio e altre curiosità interessanti. Lo abbiamo fatto sperando che poi, quando “passerai all’azione” chiederai a noi di Pesc.it quello che ti serve: canne da surfcasting, mulinelli, terminali pronti all’uso, fluorocarbon e tutto quello che ti può venire in mente perché… sì, il nostro lavoro è spedirti velocemente quello che ti serve! Adesso però parliamo di spigole.

Ecco, se ti piace la pesca dalla spiaggia a surfcasting saprai forse già che una grande suddivisione dei pesci che popolano le acque costiera è quella che da una parte vede i grufolatori e dall’altra i predatori. Un modo di classificare determinato dalle abitudini alimentari di certi pesci allo stadio adulto. Infatti i primi, come sarago, orata, mormora eccetera, raccolgono sul fondo del mare animaletti e organismi vari, anche vegetali. Si dicono grufolatori perché con il muso si aprono la strada nella sabbia e nel fango e, come i maiali, frugano, cioè grufolano, assistiti dall’olfatto, individuando tutto ciò che risulta commestibile.

Parecchio diversa la tecnica dei predatori. Questi, infatti, si dicono tali perché si nutrono abitualmente di altri pesci o comunque di animali vivi, che non esitano a inseguire, o morti se li trovano. Tale comportamento, che fa pensare a pesci veloci e quindi dalle forme affusolate, si riscontra invece anche in specie prive di una credibile capacità di inseguimento, per esempio la tozza e poco rapida cernia, alla quale Madre Natura ha consigliato strategie di caccia altrettanto efficaci ma meno dinamiche del puro inseguimento, cioè l’agguato.

 

La spigola: come si riconosce e quanto diventa grande

Del tutto rispondente alle aspettative e ai canoni dell’aggressività, sia nell’aspetto sia nel comportamento, è invece, la spigola; uno dei predatori più diffusi e ricercati del Mare Mediterraneo. In letteratura, nonostante una forte convergenza degli studiosi sul soggetto, non è impossibile trovare il branzino, lupo o ragno, come altrimenti viene chiamata la spigola, sotto diversi inquadramenti tassonomici (la tassonomia è la disciplina che si occupa di classificare gli esseri viventi). Aggiornamenti scientifici e radicate abitudini, naturalmente in conflitto tra loro, ostacolano l’omogenea presentazione del regno animale anche se, lo ribadiamo, a proposito di spigola (Dicentrarchus labrax) la questione, tutto sommato, è abbastanza chiara. Di certo, su spirritu, come è chiamata la spigola dai cagliaritani, raggiunge dimensioni importanti per la pesca sportiva, con punte massime intorno ai 12 chili per una lunghezza anche intorno al metro.

 

Accrescimento e caratteristiche della specie

Pare che le spigole mediterranee crescano più velocemente di quelle dell’Atlantico. Il perché non è ancora stato chiarito. Di solito, si accredita la teoria che vede crescere un pesce in funzione delle risorse alimentari disponibili, ma in questo caso, forse, intervengono l’ambiente e la generale tranquillità del Mediterraneo che richiederebbe un minor dispendio di energie a favore di una crescita più veloce. Contrariamente a quanto spesso avviene tra i pesci, la spigola non è ermafrodita, cioè ogni individuo non possiede gli organi riproduttori di entrambi i sessi. Però, non compaiono dismorfismi sessuali e perciò non è possibile distinguere al volo i due sessi. La sua longevità massima è di 15 anni circa, mentre la maturità sessuale è raggiunta al secondo anno di vita nei maschi e al terzo nelle femmine.

 

Spigole: quando si pescano

Le spigole vivono nel sottocosta e comunque in mare a profondità non elevate. Tuttavia non tutti i mesi dell’anno si equivalgono! Se vuoi pescare delle spigole degne d’esser chiamate con questo nome allora leggi quello che segue. In questo articolo parliamo soprattutto di surfcasting, e quindi ti possiamo dire che la spigola (di una certa taglia) compare davanti alle spiagge soprattutto a inizio autunno, in particolare a ottobre, ed è frequente fare catture fino a primavera inoltrata, quando l’acqua raggiunge i valori minimi di temperatura dopo il raffreddamento invernale. La spigola caccia in prevalenza nelle ore notturne con picchi al tramonto e all’alba, e questo vale per gli esemplari giovani e adulti. Una volta individuate le preferenze in termini di zona e di periodo di passaggio, non ci rimane che metabolizzare le sue caratteristiche e abitudini… e preoccuparci di come insidiarla nel modo più efficace!

 

Spigole: dove si pescano

La spigola vive in tutte le acque costiere del Mediterraneo e dell’Atlantico orientale, quindi dal Marocco alla Norvegia. È specie gregaria allo stadio giovanile, mentre vive isolata o in coppie da adulta e in età senile. La fascia di stazionamento arriva a 100 metri di profondità, ma si trova con maggior frequenza fino ai 20. Solo durante l’inverno, una volta superato il periodo riproduttivo, si allontana dalla costa per stazionare su batimetriche più importanti. La specie è eurialina, cioè capace di vivere in ambienti con forti differenze di salinità, ma anche euriterma, vale a dire che si adatta bene ad ambienti con temperatura differente. I giovani esemplari trascorrono le prime fasi di vita in estuari o acque salmastre, considerate delle vere e proprie nursery. Ma le fluttuazioni dei parametri ambientali di questi habitat come anche i livelli di eutrofizzazione (esagerata moltiplicazione di piante acquatiche e alghe con conseguente diminuzione di ossigeno e sviluppo di gas in fase di decomposizione) possono mettere a rischio la sopravvivenza delle giovani spigole.

 

Caratteristiche e abitudini dei branzini utili a pesca

La letteratura descrive questo predatore marino nei modi più coloriti e, spesso, gli autori concordano. L’aspetto più marcato e condiviso si riferisce a una sua presunta imprevedibilità, per via della quale carattere e abitudini del pesce sarebbero del tutto incostanti. Invece, affrancati dai luoghi comuni più triti, potremmo affermare esattamente il contrario, almeno per quanto riguarda i periodi, i posti, le esche e le reazioni. Probabilmente, la causa di questa fama si deve al fatto che la spigola viene individuata in ambienti e situazioni molto diversi tra loro. Ma ciò si deve non alla “lunaticità” della specie, bensì alle sue grandi capacità di adattamento alle diverse salinità e temperature di porti, lagune, mare e foci.

 

Spigole: vivono anche in acqua dolce

A proposito del periodo “caldo” per prenderà, per esempio, la spigola è indicata come “pesce invernale”. Ma per quanto ci riguarda, le prime catture avvengono di norma a ottobre, quando l’acqua è ancora calda. Poi, in barba alla sua “imprevedibilità”, è addirittura banale individuarne il possibile percorso di fronte alla spiaggia o l’area di stazionamento. Infatti, il limite operativo è ridotto di gran lunga rispetto ai tentativi generici per i quali sarebbe auspicabile un lancio anche di 150 metri: di norma il tutto si svolge abbondantemente entro la più modesta distanza dei 50 o, più probabilmente, dei 30 metri.

 

Surfcasting: cose che devi sapere

Se anche non riuscissimo a orientarci con precisione, disorientati a causa del mare mosso, non è il caso di perdere la fiducia. I famosi 30 metri di cui sopra ci vengono in aiuto perché sappiamo che, facilmente, il branzino è entro tale raggio. Se poi disponiamo di un’esca come il muggine, capace di risvegliare anche la più “sorda” delle spigole e quindi di rimediare a nostre piccole imprecisioni, la probabilità diventa quasi certezza. Inoltre, visto che le canne in pesca sono almeno tre, lontane le une dalle altre e con le esche piazzate a diverse distanze, è difficile che la spigola non se ne accorga.

 

Pesca delle spigole con esche vive

Quando il muggine è vitale, riesce a dare segnali visibili sul cimino, tanto più marcati quanto più è vicino. Però il mare mosso confonde i movimenti e non è da tutti capirci qualcosa. Il dubbio è comunque un segnale positivo, molto meno la convinzione che, oltre le onde, di movimento non ce ne sia. In questo caso è imperativo controllare l’esca ed eventualmente sostituirla. Di norma, il muggine dura qualche ora. Durante l’attesa la canna, mare permettendo, è inclinata in avanti di circa 30 gradi, con la frizione del mulinello lenta abbastanza da non opporsi rigidamente a una eventuale abboccata e fuga ma sufficientemente serrata per non cedere lenza alla pressione delle onde.

 

Come recuperare una spigola con canne da surfcasting

L’auspicato incontro con la spigola va seguito, in prima battuta, senza reazioni. Un occhio attento percepisce il nervosismo del muggine e lo scatto finale della spigola. Ciò nonostante, è ancora presto per intervenire. Un’affondata più marcata, cioè una flessione del cimino più decisa, può essere il segnale giusto. Solo allora è il caso di afferrare la canna, sentire per un attimo se il contatto è diretto e, avvolgendo la bobina per non farla ruotare, ferrare con decisione. Il combattimento, anche se privo di imprevedibili reazioni, è comunque una fase emozionante, con momenti di recupero impegnativi alternati ad altri velocissimi, quando sembra di perdere il contatto con la preda di cui, però, si percepiscono chiaramente le dimensioni. I pochi minuti di suspense si allungano in finale, al momento di superare l’ultima barriera, il gradino di risacca. La corrente dà vigore alla spigola che, in genere, tenta una fuga più decisa, ma il suo destino è ormai segnato.

 

Spigole con il vivo… il muggine vivo!

meno di accontentarsi delle performance fornite dalle esche più semplici, quali verme americano, seppia e sardina, che peraltro hanno una loro sfera di utilizzo, chi decide di tentare la spigola con il vivo, muggine in primis, scopre di doverselo procurare con fatica. Infatti, se è possibile acquistare e trasportare fino al luogo di pesca l’anguilla viva senza particolari attenzioni, il muggine vivo si trova solo in pochi negozi di pesca specializzati e molto attrezzati. Pertanto, la soluzione può essere quella di andarselo a pescare. Canali interni, lagune e ambienti portuali sono, generalmente, le aree di provenienza del muggine-esca. Per catturarne in fretta una decina, il minimo per una battuta di pesca alla spigola, lenza e amo non bastano: occorrono sistemi più sbrigativi quali rezzaglio o bilancia. Data per assolta questa necessità, ci troveremo con esche di dimensioni diverse. Le più piccole, tra i 10 e i 15 centimetri, sono normalmente più vivaci ma meno resistenti in pesca. Ottimale la misura più grande, da 15 a 20 centimetri, e molto impegnative le taglie superiori, che presentano problemi di mantenimento in vivo e durante il lancio.

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Momenti di pesca a surfcasting.

La conservazione del vivo

Lasciati in una capiente bacinella con dell’acqua dolce, potabile, i muggini durano qualche giorno. Ostinarsi a ricreare le condizioni ambientali originarie, per esempio con l’acqua del porto, significa diminuire sensibilmente, fino al 90 per cento, la vitalità del muggine. Le possibilità di vita aumentano, invece, in assenza di forti o repentini sbalzi di temperatura. Proprio per questo, è bene sistemare la bacinella con i muggini all’ombra, meglio se all’interno di quattro mura. Protezione e trasporto delle esche vive Trasferire l’esca fino alla spiaggia è un’operazione delicata che, spesso, dura anche qualche ora. Con un retino adeguato si prelevano i muggini dalla bacinella e si trasferiscono in un altro contenitore, sempre circolare, munito di tappo a vite o a pressione e colmo per i 3/4 di acqua pulita, possibilmente della stessa temperatura di quella della bacinella. La dimensione del contenitore è legata alla capacità del bagagliaio e all’eventuale necessità trasportarlo a piedi, magari da un capo all’altro della spiaggia. In ogni caso, maggiore è la quantità d’acqua e più alta è la probabilità di mantenere stabile la temperatura e, soprattutto, maggiore è la diluizione delle tossine prodotte dallo stesso muggine, vera causa di moria generalizzata. Un comune ossigenatore esterno può essere utile sia alla qualità di vita dell’esca sia alla nostra coscienza, paga di aver fatto il possibile per mantenere vivaci e catturanti i muggini.

 

Innescare il pesce-esca

Ridurre lo stress del pesce-esca Il muggine destinato al ruolo di esca è altamente stressato, provato dalla cattura, dalla conservazione, dal trasbordo e dal trasporto. Per fare un paragone, immaginiamolo pugile, alla fine di un incontro… perso. Il peggio, però, arriva quando bisogna stringerlo con le mani e frenare la sua reazione per appuntargli un amo. Altra bella stoccata: un bel pugno andato a vuoto e come contropartita un amo nella schiena. E poi… il lancio. Arrivare in acqua dopo un volo di trenta metri è più o meno come svenire. Insomma, se non muore sul colpo, certo ha bisogno di qualche minuto per riprendersi. Quindi, per aspettarci delle buone performance è indispensabile che il nostro muggine soffra il meno possibile. Innesco veloce e leggero Il bracciolo deve essere lungo almeno un metro per consentire all’esca di muoversi e ossigenarsi. Per quanto riguarda l’amo, considerato il volume del muggine e lo spazio ospite dedicato, viene facile immaginare una scala di grandezza appropriata, diciamo dall’1/0 al 7/0. Naturalmente, il valore è da rapportare al tipo di amo utilizzato, quindi alla scala di riferimento, e alle dimensioni del pesce-esca. In ogni caso, dovrà essere affilatissimo, per favorire un innesco veloce, e leggero, per non gravare ancora sul già sofferente muggine. Un sottile amo Aberdeen del 3-7/0 in acciaio, o carbonio, purché affidabile, va benissimo. Va innescato sottopelle poco sotto la testa, medialmente, vicino alla pinna dorsale. Si tratta di una regione con pelle abbastanza robusta e, in più, la posizione avanzata permette di fare un cappio sulla coda per ripartire sull’esca intera lo sforzo del lancio.

 

Come mangiano le spigole?

Di solito i pesci ingoiano le prede dalla testa, a prescindere da come avviene l’attacco. In caso contrario, le spine e gli opercoli branchiali si opporrebbero al passaggio, costringendo l’aggressore, in questo caso la spigola, a risputare la preda. Quindi, essendo la dinamica dell’inghiottimento una certezza, l’amo sarà rivolto in modo da ferrare la preda non subito, ai primi segnali di conflitto, ma poco dopo, quando sono maggiori le possibilità che il muggine, testa in avanti, sia ben introdotto nelle fauci del predatore. In queste condizioni, un amo non piccolo come il nostro Aberdeen troverà facilmente un appiglio, permettendoci di trascinare a riva la spigola. Da non dimenticare l’importanza di una terminale fatto con fluorocarbon 100%, il migliore filo per i terminali.

 

Accortezze per gli inneschi

Acquisita una certa manualità nel trattare il povero muggine, l’innesco può essere perfezionato grazie all’utilizzo di un ago cavo di tipo chirurgico. Questo, infilato sottopelle, sempre mediamente e per una lunghezza di almeno 5 centimetri a partire da poco dietro la testa, visto che è cavo consente il passaggio del bracciolo al suo interno e la sistemazione dell’amo nascosto sottopelle. L’operazione, che richiede un successivo collegamento del bracciolo al trave, è facilitata dall’utilizzo di ami con occhiello piccolo e nodi poco voluminosi.

Tra le esche vive per la spigola, l’anguilla (foto in alto) è la seconda in ordine di importanza. Dalla sua ha una reperibilità ampia e una resistenza impareggiabile. La misura ideale è sui 30 centimetri e va innescata sul secondo quarto a partire dalla testa, seguendo le modalità usate per il muggine. Anche in questo caso, l’amo deve essere molto affilato, per bucare la dura e viscida pelle, ma può essere più piccolo e robusto, come un semplice beak 1-3/0 in acciaio.

 

Esche per la spigola: anche seppia, verme americano e…

A differenza del muggine, ugualmente valido nelle diverse situazioni, l’anguilla brilla nei momenti più facili, in particolare nelle acque con basso contenuto di salinità, come quelle vicine agli sbocchi d’acqua dolce. In ordine di importanza, seguono la seppia e l’americano.

La seppia è indispensabile quando, a conti fatti e sempre in assenza di vivo, la carta vincente risulta l’esca bianca. A conti fatti significa che solo sul campo ci si accorge della sua validità, anche se una serata non proprio buia ci può far supporre che sia il momento buono. In questi casi non vale altra esca, neanche bibi e cannolicchio. Quindi, una seppia nel cestino è quasi un obbligo per tutti. Ovviamente, vista la duttilità dell’esca, gli inneschi si sprecano. Si inizia con piccole trance innescate a mo’ di verme, giusto a ricoprire l’amo, da lanciare un po’ dappertutto, anche perché l’obiettivo non può essere solo la spigola. E si finisce con involtini, anche farciti, per spigole adulte, grosse e per questo meno facili da ingannare rispetto agli esemplari più esperti.

Questi inneschi andranno confezionati su un terminale tipo short rovesciato (clicca per saperne di più).

Tra le alternative, l’americano è un verme sanguigno, corposo e resistente ma non è certo un’esca specifica per la pesca alla spigola. Però sotto riva, soprattutto al tramonto ma anche all’alba, diventa spesso irresistibile per i giovani esemplari che sembrano preferirlo agli altri anellidi. La sardina è un’esca abbastanza generica, cioè molto appetita dalla spigola ma anche da quasi tutti pesci del sottoriva. Quindi, funziona ma non è selettiva.

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